Eccoci ritrovati al secondo capitolo sui consigli che Lovecraft potrebbe darci per scrivere un racconto attinente al fantastico, dopo aver trattato abbondantemente del metodo di scrittura del Solitario di Providence in questo articolo.
In particolare oggi, su Teorie e Tecniche, ci soffermeremo sul contenuto: quali sono i principali contenuti – lui parla di generi – che possiamo ritrovare, e scrivere, in un racconto fantastico?
Prima tipologia di contenuto: "Esprimente uno stato d’animo o una sensazione"
La prima categoria citata è, come ben si può notare, riferita a quei racconti che si sviluppano a partire da una sensazione. Può essere, ad esempio, il caso di un’opera che tratti il tema della claustrofobia: la narrazione sarà totalmente demandata a intensificare l’impressione di partenza. Allo stesso modo avviene per gli stati d’animo. Tipico esempio di questa prima categoria nella produzione lovecraftiana si può trovare in “Oceano di notte”.
Il vero protagonista non è un soggetto in carne ed ossa, bensì la sensazione che un animo particolarmente sensibile può provare al cospetto dell’oceano:
“Ero stretto nel pietoso e paralizzante timore di un destino ineluttabile che, lo sentivo, incarnava l’odio delle stelle lontane e delle nere, enormi, onde che speravano di portarsi vai le mie ossa: la vendetta dell’indifferente, orrenda maestà dell’oceano notturno.”
Questo primo contenuto può, a ben vedere, comportare un sacrificio della specificità della sinossi, della quale abbiamo trattato nello scorso articolo. La potenza evocativa di “Oceano di notte”, infatti, potrebbe essere sminuita dalla presenza di troppi elementi: già di per sé la sovrabbondanza è un ostacolo al lirismo.
“In certi casi è consigliabile consigliare a scrivere una storia senza una sinossi preliminare o senza idea di come si svilupperà e finirà. Questo accade quando si sente l’esigenza di registrare a fondo qualche stato d’animo o qualche immagine particolarmente suggestivi o potenti.”
Seconda tipologia di contenuto: "Esprimente una concezione visiva"
“In rari casi, è possibile scrivere una storia efficace sull’immagine.”
Semplice, no? In linea di principio sì: abbiamo immagine fissa in testa e non sappiamo come renderla nel migliore dei modi su carta. Anche se, credo, l’attenzione alla componente prettamente visiva sia sempre stata per Lovecraft una prerogativa della poesia – su tutte “Il Canale”, “Fungi da Yuggoth” –, non si possono non citare alcuni esempi famosi che sembrano contraddirmi.
Su tutti i racconti che l’autore ha specificamente basato su un incubo. Sono o non sono gli incubi immagine o concezione visiva per eccellenza?
“Nyarlathotep”, infatti, è la trasposizione di un incubo. Più precisamente, della percezione visiva di questo moderno stregone che gira di città in città portando caos e follia. Così si esprime Lovecraft riguardo all’incubo che lo ha portato a svegliarsi in piena notte, impugnare la penna e partorire uno dei suoi lavori più iconici: “il più realistico e orribile che io abbia fatto dall’età di dieci anni”.
Non posso poi non citare “L’antica gente dei monti”:
“ Era stato mandato in quella regione insieme ad un’ambasciata per indagare su certi rituali che avvenivano in quel periodo sui monti durante i quali scomparivano degli uomini. Interrogati alcuni vascones anche se riluttanti parlavano di primitivi rituali e di antiche divinità. I romani decisero di intervenire per far cessare quelle barbarie che infangavano l’autorità dell’Impero.
La notte una squadra formata dagli ambasciatori, centurioni e soldati, intraprese il cammino su per i monti dai quali proveniva un incessante suono di tamburi. Mentre si avvicinavano al presunto altare dove si stava tenendo il rituale, all’improvviso il vento cominciò a soffiare forte. Mentre un bagliore proveniente dalla valle dove avevano lasciato i cavalli spazzò via gli animali e i loro guardiani. Furono avvolti dalle tenebre e sul destino della coorte non si seppe più nulla.”
Anche in questi caso, il racconto scaturente da un’immagine, sarà tendenzialmente più breve rispetto alla media. Sempre che – per questo però rimando al punto 4 – detta immagine non corrisponda con il massimo di un climax.
Terza tipologia di contenuto: "Esprimente una situazione generale, condizione, leggenda, nozione intellettuale"
La regola generale, per questo genere i lavori, è la seguente:
“Nell’ambito di un racconto che implichi complesse nozioni filosofiche o scientifiche, cerca di accennare a ogni possibile spiegazione all’inizio, quando esponi la tua tesi […] in modo da non appesantire il climax e la parte propriamente narrativa della storia.”
Lo strumento principale, per fare ciò, come ben si può intuire è quello dell’incipit. Se hai presente l’autore, la maggior parte delle opere di Lovecraft – connotate principalmente da un orrore esistenziale – risulta essere introdotta con degli incipit che già fanno presagire contenuti e temi trattati. Oltre a riflettere le personalissime concezioni dell’esistenza per le quali il Maestro di Providence è maggiormente conosciuto. Lovecraft ha fatto tesoro della considerazione in apertura, e ci ha regalato momenti di lucidità filosofica, esistenziale e orrifica ai massimi livelli.
Questo l’incipit de “Il richiamo di Cthulhu”:
“Ritengo che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana di mettere in correlazione tutti i suoi contenuti. Viviamo su una placida isola di ignoranza nel mezzo del nero mare dell’infinito, e non era destino che navigassimo lontano. Le scienze, ciascuna tesa nella propria direzione, ci hanno finora nuociuto ben poco; ma, un giorno, la connessione di conoscenze disgiunte aprirà visioni talmente terrificanti della realtà, e della nostra spaventosa posizione in essa che, o diventeremo pazzi per la rivelazione, o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di un nuovo Medioevo”.
Non sottovalutiamo “L’estraneo”:
“Infelice chi nell’infanzia ha soltanto memorie di paura e tristezza. Sventurato chi, volgendosi indietro, non vede che ore solitarie trascorse in sale vaste e malinconiche, tappezzate di lugubri tendaggi e file esasperanti di libri antichi, o in desolate veglie in boschi crepuscolari fitti di immensi alberi grotteschi coperti di erbe, che agitano silenziosi in alto i rami contorti.”
Quarta tipologia di contenuto: "Vertente su un quadro definito, o specifica situazione drammatica o climax"
“Al fine di assicurare un climax adeguato, a volte è consigliabile prepararlo subito dettagliatamente, e quindi costruirci sopra una sinossi esplicativa.”
Abbiamo in testa non un immagine o una sensazione, bensì la modalità di un’azione o una risoluzione. Ad esempio, decidiamo di basare il nostro racconto sulla fuga del nostro protagonista oppure sull’esordio della sua follia. Tutti e due elementi che troviamo molto spesso nella poetica lovecraftiane.
Il climax lovecraftiano infatti si risolve spesso con uno di questi due eventi: ne “La città senza nome” e ne “Le montagne della follia”, l’autore opta per una fuga a capofitto dall’orrore.
In altri lavori – giova precisare che spesso e volentieri è proprio questo il massimo del climax drammatico, fuga o no – la risoluzione del “quadro definito” che ha portato alla scoperta dell’orrore si esaurisce nella follia.
Qualche esempio dal "Commonplace Book"
Il “Commonplace book” contiene tutte le trame e le idee che Lovecraft ha sviluppato nel corso della vita: la maggior parte di queste però, per via di una morte precoce, non è riuscito a trasporre in forma compiuta.
Bene, facciamo qualche esempio di quello che avrebbe potuto arricchire la produzione del Maestro con una carrellata punto per punto, avendo come riferimento le quattro categorie di cui sopra.
1. La sensazione o lo stato d’animo
NOMI: “Nomi sinistri… Kama-Thath…”
LA VITA E LA MORTE: “Morte: il suo orrore e desolazione. Spazi vuoti, lividi e oscuri. Il fondo dell’abisso. Città morte. Ma la vita è un orrore più grande! […]”
2. La concezione visiva
ARTE FANTASTICA: “I demoni surreali di Salvador Rosa e Fuseli, con proboscidi e strani torsi.”
DANZA MACABRA: “Luci mortali danzano su una palude l’acqua salmastra.”
3. Situazione generale, leggenda, nozione intellettuale
CONTRASTO: “Determinismo e profezia.”
MITO CLASSICO: “La caverna di Trofonio (consultare il dizionario enciclopedico e l’articolo su Atlantide).”
4. Situazione drammatica o climax
TEMPO SOSPESO: “Ciò che accade nell’intervallo fra la prima vibrazione e il rintocco finale dell’orologio. Ultima frase: Era il rintocco dell’orologio che batteva le tre.”
LA MASCHERA: “Un uomo è costretto a rifugiarsi in una strana casa. Il suo ospite ha una folta barba e grossi occhiali scuri. Si ritira. Durante la notte, il visitatore si alza e vede gli abiti del suo ospite. Fra questi, anche la maschera che costituiva il volto della creatura che l’aveva accolto. Fugge nella notte.”
Quale di queste trame dal Commonplace Book ti sarebbe piaciuto che Lovecraft avesse sviluppato? Io, personalmente, direi “La vita e la morte”. Tu? Se l’articolo ti è piaciuto fallo girare. Ci vediamo alla prossima..
Bibliogafia:
- L’estraneo, Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1897-1922, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
- Il richiamo di Cthulhu, H.P. Lovecraft, Tutti i racconti 1923-1926, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
- L’antica gente dei monti, Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1927-1930, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
- L’oceano di notte, Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1931-1936, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
- I frammenti del Commonplace book sono tratti da: H.P. Lovecraft, Le storie dell’orrore puro, Tomo II, a cura di G.Pilo e S. Fusco, Newton Compton, 2004.
- I contenuti del racconto fantastico sono elencati in: “Note su come scrivere racconti fantastici” e “Osservazioni sulla narrativa fantastica” in H.P. Lovecraft, Teoria dell’orrore, a cura di G. De Turris, Edizioni Bietti, 2011.