Chi pensa che gli scrittori dell’orrore, anche quelli più pessimisti come Ligotti e Lovecraft, non festeggino il Natale, si sbaglia di grosso.
In questo articolo voglio leggere con te due racconti a tema natalizio scritti proprio da questi due grandi maestri del terrore.

Il Natale di Lovecraft: "La ricorrenza"
Se ti dicessi che questo racconto è l’antenato de “La maschera di Innsmouth”? Ne riparleremo affrontando la tematica dell’ereditarietà in Lovecraft.
Veniamo a noi. La voce narrante della quale non è dato sapere nessuna generalità se non il fatto che appartenga a un uomo, è appena tornata a Kingsport, un villaggio di pescatori circondato da un “mare segreto, immemore”. L’uomo è stato richiamato dai propri padri per partecipare a una leggendaria e centenaria celebrazione: Yuletide.
“[…] la ricorrenza che gli uomini chiamano Natale, pur sapendo in cuor loro che è più antica di Betlemme e Babilonia […]”
Arrivato in una Kingsport onirica sotto il cadere lento e costante della neve, il protagonista giunge alla casa dei suoi antenati. Alcuni dei quali, ci fa sapere lo sventurato, impiccati per stregoneria nel 1692 all’epica dei processi alle streghe nel New England.
Dopo una serie di stranezze che vengono registrate e subito suggerite a noi lettori – “prima che la porta di casa cigolasse non avevo sentito rumore di passi”; “sulle tombe danzavano fuochi fatui che rivelavano scorci grotteschi senza gettare ombra” – il protagonista segue la folla di altri celebranti per le vie deserte e silenziose di Kingsport verso il luogo del rituale.
Sotto una cripta, i soliti ripidi e interminabili scalini conducono il protagonista e gli altri cittadini al luogo della celebrazione, una “vasta spiaggia biancastra illuminata da un’imponente colonna di fuoco malato, verdognolo, e lambita da un gran fiume oleoso che proveniva da chissà quali abisso, per sfociare nei recessi più bui dell’antichissimo oceano.”
Dopo aver assistito, attonito, agli orrori di questo strano Natale, il protagonista decide di fuggire tuffandosi in quello stesso abisso appena citato. Verrà ritrovato semicongelato in una Kingsport completamente diversa da quella nella quale era giunto la notte precedente. Ovviamente la sua salute mentale rimarrà compromessa.

Lo stile de "La ricorrenza"
Quest’opera è abbastanza breve e si gioca più sull’ambientazione che sulla trama: Lovecraft racconta, in prima persona, della terribile discesa in spaventosi abissi sotterranei nella quale si trova invischiato il protagonista. Nonostante Lovecraft ci abbia abituati a più riprese a delle descrizioni quasi scientifiche dei suoi ambienti e dei suoi orrori, in questo caso invece il tutto è demandato alla sensazione onirica che trasmette un incubo indistinto.
Non è uno dei lavori più facili da leggere del Maestro di Providence, ma contiene una serie di spunti davvero interessanti:
“Verso la sommità della strada, un poco a lato, sorgeva una seconda vetta che era il cimitero. Nuda e spezzata dal vento, era costellata i lapidi cere che affondavano nella neve come unghie decomposte di un gigantesco cadavere”.
Anche per quanto riguarda la descrizione delle creature presenti alla celebrazione, Lovecraft cerca di trasmettere quella sensazione di certezza precaria con la quale cerchiamo di richiamare un incubo alla memoria. Infatti ricorderemo o qualche dettaglio o tutto l’insieme ma lasciando i dettagli. O l’una o l’altra. Qui abbiamo solo alcune orribili certezze.
“Non erano corvi, talpe, poiane, formiche; non erano pipistrelli vampiro o esseri umani decomposti: non del tutto, almeno […]. Avanzavano zoppicando, aiutandosi in parte coi piedi palmati e in parte con le ali membranose”
Di sicuro, un Natale peculiare.

Il Natale di Ligotti: “Le vigilie di Natale della zia Elise"
Il titolo originale di questa storia, secondo me, è molto più suggestivo: “Aunt Elise. A tale of possession in Old Grosse Pointe”
Come da titolo, quindi, abbiamo a che fare con un caso di possessione. O infestazione, che dir si voglia. Ad essere posseduta non è una persona ma un luogo. Forse un ricordo. Forse un tempo passato.
La prima parte del racconto si apre con Jack, il protagonista, che racconta delle feste della Vigilia da sua zia Elise.
La seconda, invece, con Jack mezzo ubriaco a una delle solite feste di sua zia. Questa, sollecitata dai bambini, racconta di una vecchia storia: davanti a casa sua, una “sorta di maniero di campagna in stile elisabettiano” vi era, un’altra casa che venne fatta abbattere dal suo vecchio proprietario dopo la sua morte.
Questa è una storia di fantasmi. Un antiquario, racconta zia Elise, si era ritrovato, dopo la morte del vecchio e senza sapere della sua dipartita, ad essere invitato dentro a quella casa arredata a festa. Nulla vedeva all’infuori, eccetto una nebbia fitta e delle “forme cenciose” che si trascinavano al suo interno. Non fu mai più rivisto.
Jack decide di allontanarsi da quella festa. Perso nella nebbia si trova davanti alla antica casa del vecchio. In quel momento, tuttavia, Jack ha una rivelazione:
“Allora ricordai. Zia Elise era morta e la sua casa, come da istruzioni del suo testamento, era stata demolita mattone per mattone, asse per asse.”
Tutto è un sogno in un sogno, perché Jack si sveglia in un’altra celebrazione la vigilia di Natale mezzo ubriaco su una poltrona. Tediato dall’atmosfera della festa, decide di tornare a Old Grosse Pointe, laddove un tempo era sorta la casa della zia Elise. E, lì, sperimenta l’infestazione sparendo nel nulla come l’antiquario della storia mai raccontata dalla vecchia zia.

"Le vigilie di Natale della zia Elise": stile e contenuti
Questo racconto è un ricordo in un incubo. O un incubo in un ricordo.
Di sicuro rappresenta un prodotto che sprizza lo stile di Ligotti da ogni riga. L’autore si sofferma principalmente sull’orrore rappresentato dal crescere: serve bene, a questo scopo, la dicotomia tra il ricordo della vigilia di Natale da bambino e quella rappresentata dall’attualità nell’età adulta.
C’è un perché se esiste il detto: “Non si torna mai dove si è stati bene.”
La nuova visita a casa di zia Elise in questo caso, assume dei connotati ben diversi da quelli originali:
“[…] perché quella visione di un inaccessibile e vago prodigio, che aveva posseduto un’attrattiva tanto meravigliosa nella mia infanzia, ora mi colpiva con tutto il terrore dell’impossibile?”
Il tempo è tutto in questo racconto. Qual è il momento migliore per viaggiare indietro nel tempo? Ovviamente in un sogno. In certi casi in un incubo. Qui, l’ansia da festa di Jack-Ligotti, si può notare benissimo da certe associazioni molto interessanti.
Nel camino è racchiuso un “inferno festoso”; la stanza addobbata della zia Elise è in realtà una “galleria di incubi”. Il cappotto del Jack ormai cresciuto è perduto in una “fossa comune”.
Il rito – la ricorrenza, per dirla come Lovecraft – è fonte stessa di un forte disagio. Nel far notare a Jack che, in queste feste-incubo, i regali sembrino messi sotto l’albero dalla zia Elise quasi nello stesso identico posto ogni anno, Ligotti si esprime così:
“[…] la sensazione da incubo di un rituale rappresentato per sempre senza speranza di fuga”
Questo spazio è per noi. Voglio augurare buone feste a te, caro lettore o cara lettrice. Ci vediamo a gennaio con qualche interessante novità. Se nel frattempo dovessi fare un regalo di Natale last minute, non mi offenderò se proverai con “Manichini”.
A presto.
Bibliografia:
- “Le vigilie di Natale della zia Elise” di Thomas Ligotti si trova su “ROBOT”, n.54, estate 2008.
- “La ricorrenza”, H.P. Lovecraft, in “Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti, 1923-1926”, Mondadori, 2010.