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Il soprannaturale apparente

Il soprannaturale apparente è un modo di narrare una storia o parte di essa.

Essenzialmente, con questa locuzione, intendo riferirmi a delle situazioni nelle quali la narrazione suggerisce la presenza di un elemento soprannaturale in vicende perfettamente reali e verosimili. Suggerimento che poi si rivelerà essere fuorviante, per il semplice motivo che, in realtà, nel contesto della storia, non è ammessa l’esistenza di vicende oltre natura.

Questa tecnica è davvero interessante e ha una serie di risvolti pratici non da trascurare. Io personalmente l’apprezzo molto perché, se correttamente dosata, permette di creare una serie di effetti sulla narrazione che resteranno a lungo impressi nella mente del lettore.

Due categorie di soprannaturale apparente

Secondo me, il soprannaturale apparente come metodo si risolve in due grandi categorie: nella prima, l’inganno – “inganno” è più calzante, per quello che dobbiamo dirci, che “apparenza” – è rivolto sia verso il lettore che verso il personaggio della storia. Ambedue, in un modo o nell’altro, sono portati a credere che nella vicenda vi sia qualcosa che trascenda i limiti del reale.

La seconda categoria, invece, si focalizza esclusivamente sull’attenzione del lettore: il personaggio è consapevole – oppure non prende mai in considerazione il fatto che – non possano esistere nemmeno in potenza eventuali intrecci soprannaturali.

La funzione pratica

Ho adoperato una distinzione essenzialmente perché, in concreto, l’appartenere a una piuttosto che a un’altra categoria ha un preciso riflesso sulla funzione che l’autore demanda alla tecnica.

Se ci muoviamo nell’alveo della prima categoria di soprannaturale apparente, la funzione di questo genere di narrazione è principalmente tesa ad aumentare la tensione o il climax. Il personaggio, inconsapevole al pari del lettore che da un momento all’altro il vetro che separa il nostro mondo dalle incursioni di un Altrove incomprensibile non possa davvero rompersi, si lascia andare a sensazioni via via sempre più intense e avvincenti, sia psicologicamente che fisicamente.

Se invece aderiamo alla prospettiva che si rifà a un inganno solo per il lettore, la sua funzione è demandata principalmente ad aumentare il lirismo e a enfatizzare particolari passaggi: rispecchia maggior attenzione per il versante dell’ambientazione piuttosto che per quello dell’azione.

Io, personalmente, prediligo proprio quest’ultima accezione: Caligo, un racconto che ho scritto per la rivista letteraria Malgrado Le Mosche, è infarcito di richiami alla concezione di un soprannaturale apparente che ha la funzione di focalizzare l’attenzione del lettore su un particolare aspetto psicologico di Veronica, la protagonista. Oltre che a evidenziare nel migliore dei modi un’ambientazione già di per sé suggestiva come la nebbia marina.

Il Caligo, fenomeno suggestivo e spettrale (foto da www.tgcom24.mediaset.it)

Prima categoria di Soprannaturale apparente: qualche esempio

Due sono principalmente i lavori che mi vengono in mente per dare una dimostrazione di questo particolare metodo narrativo.

“Il tocco della morte”

Questo piccolo gioiellino è stato scritto da R. E. Howard, uno dei corrispondenti e amici di Lovecraft.

Il protagonista di queste poche pagine di storia è Falred, un uomo che, per una convenzione sociale, si trova a vegliare per una notte intera un defunto, tale Adam Farrel.

Vi era però nel fenomeno qualcosa di macabro e orribilmente suggestivo, come se, nel buio pesto, il cadavere avesse alzato la mano morta per scoprirsi e magari alzarsi.”

[…] tornò a coprire il volto ferreo, fremendo di disgusto quando la sua mano entrò in contatto con quella pelle gelida, viscida e appiccicosa: il tocco della morte.”

Le suggestioni di questa mente fragile – e, di conseguenza, di noi lettori – iniziano a moltiplicarsi a dismisura, a tal punto che tutti e due, sia noi che il protagonista, siamo certi che da un momento all’altro qualcosa emergerà dal nulla per reclamare un tributo di morte.

Gli nacque e gli crebbe in testa un’idea bizzarra, ossia che sotto il lenzuolo il corpo senza vita di Farrel fosse divenuto qualcosa di strano e mostruoso, una creatura abominevole e consapevole che lo osservava con occhi ardenti da sotto la tela.”

Non riconobbe il fruscio del vento notturno sul davanzale e, a causa della fantasia sovreccitata, lo scambiò per il passo della morte e dell’orrore.”

Inutile dire che la suggestione autoindotta dalla mente morbosa del protagonista avrà un effetto fatale per lui: all’avvertimento di un tocco – quello dei già schifati guanti in lattice del medico autoptico –, cade stecchito.

“La vita della morte”, Clive Barker

Elaine cerca di tornare alla normalità dopo una lunga e prostrante malattia. Un giorno, passeggiando, nota che vicino alla chiesa della sua città, All Saints, c’è un certo fermento: sono state scoperte delle cripte con i corpi perfettamente conservati dei morti di una malattia passata e sconosciuta.

Gravita, attorno alla macabra scoperta, anche uno strano individuo dagli interessi morbosi, Kavanagh:

I suoi lineamenti, malgrado l’abbigliamento e i capelli grigi da uomo di mezz’età, erano curiosamente senza rughe, come se né un sorriso né una smorfia potessero turbare la loro perfetta indifferenza.”

Elaine, sollecitata dalle conversazioni intrattenute con quell’uomo, con il quale nel frattempo inizia a frequentarsi, decide di esplorare la cripta“il paese delle meraviglie” – senza alcuna protezione.

Dovunque vide la decomposizione all’opera, che provocava piaghe e suppurazioni, vesciche e pustole.”

È quando i colleghi di Elaine iniziano ad ammalarsi che le cose prendono una piega sinistra: la ragazza infatti è convinta – anche noi! – che il suo spasimante sia niente po’ po’ di meno che il tristo mietitore in persona, e che lui abbia scelto lei – immune al morbo – per diffondere il suo verbo.

La pelle era così tirata sul cranio che riusciva a vedere le ossa che brillavano sotto la luce lugubre. Come aveva fatto, si chiese nel turbinio dei suoi pensieri, a non averlo riconosciuto prima? A non aver capito fin dal primo incontro, quando lui aveva parlato dei morti e del loro fascino, che parlava come il loro Creatore?”

Durante un amplesso tra i due, dopo vari qui pro quo legati alla visita dei poliziotti a casa di Elaine, la verità viene a galla. Il misterioso ammiratore non ha legami con quella vicenda o con la malattia dei suoi colleghi, perché non è la morte “soprannaturalmente” intesa, bensì un serial killer.

Da adesso parliamo di ambientazione e lirismo.

Soprannaturale apparente e ambientazione: la seconda categoria

"Il buio fuori"

Il primo lavoro che mi viene in mente è “Il buio fuori” di Cormac McCarthy. Se conosci l’autore concorderai con il fatto che questo sia uno degli scrittori meno fantastici che esistono; tutte le sue opere sono connotate da un realismo crudo e violento, da un cinismo che ti mastica e ti sputa.

“Il buio fuori” a tratti è diverso. In particolare per l’enfasi da attribuire all’episodio chiave di tutto l’impianto narrativo: l’abbandono del bambino di Rinthy da parte di suo fratello Culla, proprio all’inizio della storia.

Culla, nella più proverbiale delle “notti buie e tempestose”, si reca nel bosco con il fagotto tra le braccia. Vuole abbandonarlo a sé stesso, perché non ha di che sfamarlo e, perché, soprattutto, è frutto di un incesto.

La notte calò lenta e fredda sulla foresta intorno a lui, e scese una quiete spettrale. Come se qualcosa stesse per accadere, grilli e uccelli notturni tacquero spaventati. […] gli alberi cominciavano a chiudersi su di lui, sagome ostili e sinistre che si levavano come enormi androidi, attirati dall’estranea inconsistenza di quella carne che urtava contro di loro.

L’uomo stava ancora correndo nella foresta, con le mani tese davanti a sé per proteggersi da tutto ciò che il buio poteva nascondere.”

[…] un lampo remoto percorse il cielo con la sua luce azzurra, e, in una primordiale visione del mondo dall’occhio fessurato di un embrione d’uccello, scorrendo atroce e istantaneo da buio a buio, gli regalò infine lo spettacolo della cavità e dell’informe plasma bianco che si dibatteva sul muschio rigoglioso e iniziatico […]. Lo avrebbe preso per un fratello senz’ossa della paura stessa che si sentiva in cuore, se il bambino non avesse gridato.”

Copertina de "La Strada" , uno dei principali lavori di McCarthy.

"Il mastino dei Baskerville", A. Conan Doyle

Ambientazione, ambientazione e ancora ambientazione.

Ne “Il mastino dei Baskerville” la brughiera desolata che si estende per chilometri attorno alla residenza dei Baskerville sembra davvero infestata da una presenza minacciosa e mortale:

Sui riquadri verdeggianti dei campi e la bassa curva ondulata dei boschi si ergeva in lontananza una collina grigia e malinconica, stranamente sfrangiata alla sommità, indistinta e offuscata all’orizzonte, quasi un fantastico paesaggio onirico.

In qualche punto di quella landa desolata era in agguato quel demonio, nascosto in una tana come una bestia selvatica, col cuore gonfio di odio e di livore verso tutta la razza umana che lo aveva messo al bando.”

Baskerville rabbrividì osservando la strada lunga e oscura che conduceva alla casa, che baluginava spettrale giù in fondo.”

Il Dottor Watson, vero e proprio tramite del lettore con la storia, è ingannato dall’apparenza spettrale dell’ambientazione e dai lugubri ululati che la intervallano certe notti:

Ma i fatti sono fatti e per ben due volte ho udito quell’urlo sulla brughiera.”

Devo confessare che una spiegazione naturale è non meno difficile di una fantasiosa.”

Ci pensa Holmes – che mai ha dubitato della spiegazione più razionale degli eventi – a risolvere la faccenda, collocando questo romanzo, uno dei più pittoreschi di Conan Doyle, dritto dritto nella seconda categoria di soprannaturale apparente.

"Cuore di tenebra", J. Conrad

In “Cuore di tenebra”, a essere privilegiato è essenzialmente il lirismo.

Subito, con la descrizione del contesto nel quale il narratore si appresta a raccontare la sua storia: ci possiamo aspettare, noi lettori, che quello che sentiremo ambientato in terre così esotiche e lontane sia connotato da venature di misticismo. Cosa che invece Marlow sa benissimo non essere vera.

Un corso d’acqua vuoto, un silenzio assoluto, una foresta impenetrabile; l’aria calda, spessa, greve, immota. Non c’era gioia nello splendore del sole. Deserte, le lunghe distese l’acqua di perdevano nell’oscurità di adombrate distanze.”

Eravamo viandanti su una terra preistorica, su una terra che aveva l’aspetto di un pianeta sconosciuto. Potevamo immaginarci di essere i primi uomini che prendevano possesso di un’eredità maledetta, che si doveva conquistare al prezzo di un profondo tormento e di un’enorme fatica.”

Ancora, catapultati nella giungla primordiale a caccia di Kurtz, possiamo aspettarci di tutto:

La terra non sembrava più terrena. Noi siamo abituati a vedere la forma incatenata di un mostro soggiogato, ma lì, lì si vedeva il mostro in libertà.”

E questa immobilità di vita non assomigliava affatto alla pace. Era l’immobilità di una forza implacabile che covava un qualche insondabile disegno. Vi guardava con un’aria vendicativa, piena di risentimento.”

Proprio a proposito di Kurtz, vera e propria ossessione del protagonista e figura a tratti messianica, a tratti demoniaca, l’autore si lascia andare a descrizioni molto suggestive:

Era come se un’animata immagine della morte, scolpita in un vecchio avorio, tendesse la sua mano minacciosa a una immobile folla di uomini fatti di un bronzo scuro e lucente. Lo vidi spalancare la bocca […] come se avesse voluto ingoiare tutta l’aria, tutta la terra e tutti gli uomini davanti a lui.”

J. Conrad: non smetterò mai di ringraziarlo per "Cuore di Tenebra"

Cosa ne pensi di questo argomento? Trovi interessante l’utilizzo di queste tecniche narrative anche per brani che di soprannaturale non hanno proprio nulla? Fammelo sapere!

Un ringraziamento speciale va a Alan Bassi, editor e autore, per aver letto in anteprima – e aver corretto i refusi di – questo testo. Hai un pezzo da rivedere? Un dubbio sulla tecnica? Il mio consiglio è di rivolgerti a lui. Qui trovi tutto il necessario.

Bibliografia:

  • “Cuore di tenebra”, J. Conrad, Garzanti, 1990.
  • “Il buio fuori”, Cormac McCarthy, trad. Raul Montanari, Einaudi, 1997.
  • “Il mastino dei Baskerville”, A. Conan Doyle, Newton Compton, 2015.
  • “La vita della morte”, in “Libro di sangue 6, Monsters”, Clive Barker, Sonzogno, 1985.
  • “Il tocco della morte”, ne “I figli della notte, racconti dell’orrore, Vol.1”, Urania Horror, Mondadori, 2008.

Vuoi leggere “Caligo”? Ti lascio il link qui.

Puoi leggere anche: “Cercasi Spettro” e “Il demone del capanno” in “A caccia di Spettri”, A. Conan-Doyle, Theoria, 1993.