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La caduta della Casa degli Usher, una diversa lettura

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Parto dal presupposto che ho apprezzato molto quest’ultimo prodotto di Netflix firmato da Mike Flanagan, a tutti gli effetti uno dei miei registi horror contemporanei preferiti. La caduta della Casa degli Usher non solo costituisce un intricatissimo sistema di omaggi ai racconti di Poe ma rappresenta una serie perfettamente godibile e di suspense.

Voglio approfondire un elemento interessante di questo lavoro, che costituisce anche la fonte della sua originalità e, in un certo senso, un modo di presentare l’orrore soprannaturale – elemento che non tutte le storie di Poe posseggono – che non prediligo.

ATTENZIONE: seguono importanti spoilers.

Alcuni membri della famiglia Usher.

Verna

La caduta della Casa degli Usher è una serie che a mio modo di vedere è permeata di moralità.

In primis una precisazione sulla figura di Verna, interpretata da Carla Gugino e anagramma di raven. Questa entità soprannaturale – lei stessa conferma: io non sono una donnaoffre a Roderick e Madeline, i due fratelli Usher, un patto: questi avranno successo in qualsiasi campo ma, quando sarà il momento, l’intera famiglia Usher morirà con loro. In particolare con Roderick, essendo che Madeline mai ha avuto figli successivamente al patto.

Il discorso si ferma lì. Confermando l’inesistenza di un’anima immortale, Verna tratta i soggetti ai quali propone patti come veri e propri clienti: un’elaborazione originale del tradizionale patto con il diavolo che vede successo certo a fronte di anima immortale.

Da questo punto di vista, non c’è moralità ma semplice questione di causa-effetto. Un vero e proprio contratto: nessun Dio e nessun ordine naturale da offendere, nessun tranello demoniaco. Chi riceve la garanzia di successo offerta da Verna la impiega come meglio crede. Nel caso dei due Usher, truffando e uccidendo persone che hanno solo avuto la sfortuna di incappare nel loro farmaco oppioide, l’immaginario Ligodone.

Carla Gugino nei panni di Verna.

La moralità

Secondo queste premesse, non dovrebbe residuare spazio per una vena moraleggiante. Verna, che sottolineo essere un personaggio completamente assente nell’opera di Poe, viene a reclamare l’adempimento della controprestazione a prescindere dalla statura morale del contraente.

Il concetto puro e semplice è questo, ma la pratica narrativa segue un’altra strada.

Verna stessa sembra godere sadicamente della morte di ognuno dei componenti degli Usher, salvo commuoversi quando uccide Lenore. Perché ognuno degli Usher è moralmente ambiguo se non addirittura pienamente condannabile. Andiamo dal lussurioso Prospero che vuole rovinare il fratello; passiamo per la fredda Camille che usa informazioni personali altrui per il proprio tornaconto; arriviamo a Victorine che uccide la propria fidanzata e non esiterebbe a testare su esseri umani un dispositivo che sa bene essere difettoso.

Arriviamo, saltando Tamerlane e Leo, a Friederick che tortura Morella, la moglie (in realtà non) fedifraga immobilizzata a letto e gravemente ustionata cavandole i denti.

Ognuno degli Usher ha sviluppato nel corso della propria vita una morale contorta e un generale senso di impunità. Li percepiamo come condannabili e meritevoli di una fine tragica.

La struttura narrativa della serie è un classico racconto nel racconto: Roderick Usher, a destra, confessa al brillante procuratore Dupin tutti i crimini degli Usher, consapevole della propria fine imminente.

Patti con il diavolo e contrappassi

Come già accennato, ne La caduta della Casa degli Usher tutto ruota attorno all’archetipo narrativo del patto con il diavolo. Abbiamo già visto come la sua configurazione in astratto non sia suscettibile di valutazione morale a dispetto della sua applicazione nel caso pratico: alla morte di ognuno degli Usher, evidenziata ognuna da un colore diverso come le stanze de La maschera della morte rossa, ci sentiamo appagati.

Un ordine morale è stato ristabilito, volenti o nolenti.

Ne è un esempio la morte di Frederick Usher, forse la trasposizione più lampante di un contrappasso: immobilizzato come sua moglie che ha torturato fino a quel momento, Frederick assiste al proprio sbudellamento mentre Verna ci sciorina la morale della storia.

Nulla a che vedere con il racconto omonimo. Ne Il pozzo e il pendolo, il protagonista è condannato a vivere un incubo non dall’autorità civile per un crimine commesso, ma dalla pretestuosa e arbitraria inquisizione spagnola. Come da migliore tradizione orrifica, l’incubo ci piomba addosso senza sapere che cosa abbiamo fatto di male e perché quel fato tocchi proprio a noi.

Solo all’apparenza reclamando l’adempimento dell’obbligazione da parte degli Usher prendendosi la loro vita, ma in realtà punendoli, Flanagan ci propone una valutazione strettamente morale e parzialmente modificata della figura del Genio della perversione. Tutto grazie all’intervento di Verna, agente terzo alla psiche del personaggio.

Illustrazione di Clarke per La maschera della morte rossa.

Il Genio della perversione

Racconti come Il gatto nero, Il cuore rivelatore e l’omonimo saggio-racconto Il genio della perversione indugiano principalmente sul crimine e sull’impulso del suo autore all’autodistruzione. I sensi di colpa sono trascurati in favore degli strati più profondi dell’animo umano: l’ipersensibilità dei nervi tanto resa magistralmente da Poe è manifestazione di una follia latente.

Proprio in questo aspetto, mi sembra che La caduta della Casa degli Usher difetti di questa precisa connotazione della mente umana. Assistiamo sì a episodi di follia, come quelli di Victorine o di Leo ma questa follia ha una natura diversa, in certi termini meno pura rispetto a quella fatta propria da Poe nei suoi scritti.

Proprio Victorine Usher è esemplificativa della tendenza opposta al vero spirito del Genio della perversione: lungi dall’aver compiuto il delitto perfetto, la follia della ragazza viene stimolata esclusivamente dai sensi di colpa, inducendola a confessare indirettamente l’omicidio della fidanzata.

In un altro caso, come nella morte di Tamerlane Usher, gli impulsi autodistruttivi del Genio della perversione non operano spinti dalla loro stessa agenza. Servono infatti due fattori perché Tamerlane impazzisca: l’opera di Verna e la mancanza autoindotta di sonno.

Più che la figura simbolica riconducibile al genio della perversione, ciò che attraversa la Casa degli Usher è hybris. La stessa stirpe Usher, intesa come un unico personaggio, va in rovina non per follia, ma per essersi arrogata il diritto di comportarsi come divinità in un mondo umano forte dell’impunità garantita da Verna.

Il regista Mike FLanagan con sua moglie, l'attrice Kate Siegel (Camille Usher nella serie).

Per un horror (soprannaturale) più nichilista

Dal mio personalissimo punto di vista avrei apprezzato che i membri della Casa Usher morissero quasi tutti come muore la povera Lenore. Il tema veicolato da Flanagan con questa serie è vecchio quanto il mondo e costituisce una tematica tipica di Lovecraft: le colpe dei padri – o degli avi, più in generale come in questo articolo – ricadono sui discendenti.

Magari qualcuno dei figli di Roderick avrebbe potuto fare beneficenza o comunque essere una persona piacevole. Ecco: proviamo a immaginare l’impatto emotivo nell’assistere alla tragica fine di soggetti completamente innocenti.

Un avvenimento che a noi, oltre lo schermo, possa fare dire: perché proprio a questo personaggio? Perché proprio in questo momento?

Questa è una sensazione che volenti o nolenti sperimentiamo tutti almeno una volta nella vita e rimanda a un horror per certi versi più nichilista: quando qualcosa di terribile accade non guarda in faccia nessuno, alla faccia di contrappassi e moralismi. Invece no, noi godiamo con Verna mentre questa uccide uno a uno tutti i membri della casa degli Usher: mai nessuno è innocente, ergo tutti si meritano quella fine.

Valutiamo invece la prima serie di Flanagan, The Haunting of Hill House. Che cosa hanno fatto quei poveri bambini e i loro genitori per meritarsi quello che è loro accaduto? L’impatto emotivo sullo spettatore è indubbiamente diverso e, a parer mio, più duraturo.

La verità è che non è mai il momento giusto perché accada qualcosa di orribile. E in fondo la stragrande maggioranza di noi, come umani-spettatori, non ha mai davvero fatto qualcosa di male per meritare un viaggio in un incubo ad occhi aperti.

L’orrore dei bambini di Hill House è il nostro in quanto umanità, quello dei membri della Casa degli Usher, una vendetta sociale e morale. Un orrore, secondo me, di livello inferiore.

Parte della locandina di The haunting of Hill House.

Hai già visto la serie? Cosa ne pensi? Sei d’accordo con questa analisi? Fammelo sapere.