Ora abbiamo il nostro materiale, del quale ho cercato di condensare i punti salienti proprio in previsione di questo momento. Puoi trovarlo in questo articolo. Qui di seguito troverai il secondo dei due articoli gemelli sulla tematica lovecraftiana dell’atavismo. Discorreremo di quelli che, secondo me, sono i tratti comuni a tutti i racconti già citati.
Ne trarremo una summa circa il tema della colpa atavica in Lovecraft, correlandola a espedienti narrativi e contenutistici.
La prima caratteristica dell'atavismo: la deviazione sessuale
La prima caratteristica fondamentale che è sottesa a questo filone della produzione di Lovecraft – e non solo, vedi l’ “Orrore di Dunwich” o “Orrore a Red Hook” – è la deviazione della sessualità. Tutte le stirpi che abbiamo elencato, ad un certo punto, trovano nel sesso la radice del loro peccato: per la maggior parte si tratta di unioni tra uomini e altre entità. Altre volte invece, come ne “La paura in agguato”, questo peccato si sostanzia nell’incesto.
La nota diffidenza del Maestro di Providence per le tematiche relative alla sessualità qui si sostanzia in un livello più alto di turbamento. In un modo o nell’altro, chi devia dall’ordinario corso della natura deve aspettarsi di incorrere in degenerazione e abominazioni.
“Ibridazione” come avrai notato, è la parola chiave, perché già di per sé sottende un’unione sessuale tra razze diverse: ibrido tra uomo e scimmia, tra uomo e abitante del profondo, tra uomo e rettile. Oppure, ancora, l’ibrido è il frutto di accoppiamenti incoerenti e dissennati tra persone della stessa famiglia: il risultato, come per i Martense, non può non essere una degenerazione morale, intellettiva e fisica.
La seconda caratteristica dell'atavismo: la stregoneria come stratagemma narrativo
Il mezzo letterario attraverso il quale questa sessualità deviata spesso e volentieri prende corpo nelle opere del Maestro di Providence è la stregoneria. Analogamente a un tabù come l’incesto, la stregoneria – vedi i richiami a Salem – è essa stessa qualcosa che non dovrebbe mai sorgere alla luce del sole. Si parla infatti di culti segreti, al più sussurrati da qualche superstizioso.
Narrativamente, la stregoneria è il tramite attraverso il quale l’uomo civile medio della poetica Lovecraftiana si accosta alla violazione di quei limiti naturali che l’umanità si è imposta per vivere in società. Limiti universalmente riconosciuti come tali, anche se Lovecraft si sofferma su incesto e cannibalismo. Il risultato è che un certo culto impone il cannibalismo – come quello della Magna Mater ne “I topi nel muro”– oppure richiede, in un’ottica di do ut des, uno scambio sessuale: “La Maschera di Innsmouth” è l’esempio più calzante. Ma non dimentichiamoci “L’Orrore di Dunwich”, che pur non essendo riconducibile al filone dell’atavismo come lo intendiamo in questa nostra discussione, è impregnato di disgusto per le sozzure sessuali che si possono incontrare uscendo dai binari dell’uomo civilizzato.
Nota, semanticamente, quanto spesso Lovecraft richiami concetti quali “profondità” ed utilizzi ambientazioni sotterranee: i sotterranei – o le gallerie dei Martense – come la stregoneria e gli altri tabù, non sono fatti per stare alla luce del sole, e assumono un rilievo quasi subconscio. Più ci si addentra in fondo agli scalini alla mente umana e ai misteri dell’Es, più si incontrano cose che non si vorrebbero mai vedere.
Capisci ora perché non ho incluso “Il caso di Charles Dexter Ward”? Qui troviamo sì la stregoneria, ma non l’aberrazione sessuale. Le pratiche di magia nera sono solo uno stratagemma di trama.
La terza caratteristica dell'atavismo: le conseguenze sui protagonisti
In un’ottica di predestinazione, i protagonisti per la maggior parte dei casi sono attratti da un luogo a cui sanno di appartenere: Innsmouth, casa Van der Heyl, Exham Priory.
Il legame – anche stregonesco, come ne “La ricorrenza” – con le nefandezze passate, si risolve in una predestinazione dalla quale non c’è scampo. E Typer fornisce un’altra grande chiave di lettura: non è forse vero che il protagonista, come tutti gli altri eccetto De La Poer, si è recato in quella casa terribile vinto dalla curiosità o dal fascino? Lovecraft ci ribadisce una componente essenziale della sua poetica: indaga pure, se sei disposto a sopportarne le conseguenze.
Le storture derivanti dalla rottura dei tabù, come dicevo prima, sono talmente gravi che il peso della loro commissione ricade sempre sugli ignari discendenti – tranne che ne “La paura in agguato”, che è più una cronaca esterna – e li richiama, esattamente come per accettare un’eredità.
Le conseguenze narrative di quelle che abbiamo già visto essere delle storture, delle aberrazioni, però sono varie. Non c’è un risultato fisso, anzi, da quanto abbiamo letto sopra possiamo individuarne tre categorie.
Abbiamo la follia: assoluta ne “I topi nel muro”, soft ne “La ricorrenza”.
Questa follia richiama a sua volta, spesso e volentieri, la seconda categoria, cioè la morte: vale per Arthur Jermyn che si da fuoco perché non è capace di sopportare il fardello della sua eredità e per Alonzo Typer, anche se in questo caso si tratta più che altro di un sacrificio rituale.
In un caso, invece si parla di accettazione: “La maschera di Innsmouth” è l’esempio lampante, dopo un periodo di incubazione, nel quale il protagonista la follia la rasentava eccome, fintanto da essere confinato in un manicomio.
La quarta caratteristica dell'atavismo: i “rozzi abitanti”
Hai fatto caso quanto Lovecraft ce l’abbia con le comunità rurali in questi racconti? Di questo mi azzardo a dare un’interpretazione. In realtà credo che in primis, nell’ottica del Maestro di Providence, il presentare l’arretratezza intellettuale e morale, in qualche modo ci prepari alla deviazione: sappiamo che in tutte queste vicende non incontreremo uomini civili, raziocinanti. E quindi, secondo HPL, da loro possiamo aspettarci di tutto.
Sempre dal punto di vista dell’escamotage narrativo, infatti, la presenza di rozzi abitanti richiama niente meno che un’altra prospettiva: cioè fornire al lettore dei suggerimenti che egli saprà senza dubbio interpretare, ma senza invece intaccare la fiducia nella razionalità che anima il protagonista tipico della narrazione lovecraftiana.
Da un altro punto di vista, invece, sono convinto che sotto sotto Lovecraft fosse davvero turbato da certi argomenti, poi sublimati con una stesura su carta. Non è un caso, in breve e per esempio, che in altre opere HPL ce l’avesse con “contadini incestuosi” e compagnia cantante. Parliamo praticamente di qualsiasi racconto ad ambientazione rurale scritto dal Maestro: “L’orrore di Dunwich”, “L’antica gente dei monti” ecc.
Facci caso e dimmi come la pensi, ma io più volte ho avuto la sensazione che l’autore temesse davvero che in certe parti del mondo, che egli giudicava arretrate, potesse accadere qualcosa del genere.
Non parliamo di abitanti del profondo, chiaro. Ma di cannibalismo, incesto, e culti stravaganti senza dubbio sì!
Bibliografia:
Le citazioni da “La verità sul defunto Arthur Jermyn e la sua famiglia” e “La paura in agguato” sono tratte da “Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1897-1922”, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
Le citazioni da “La ricorrenza” e “I topi nel muro” sono tratte da “Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1923-1926”, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
Puoi leggere “Il caso di Charles Dexter Ward” in “Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1927-1930”, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.
Le citazioni da “La maschera di Innsmouth” e “Il diario di Alonzo Typer” sono tratte da “Howard Phillips Lovecraft, Tutti i racconti 1931-1936”, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2010.