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Oggi leggiamo “Quasi umano”, di Robert Bloch

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Malgrado il titolo originale di questo racconto nel quale si fondono elementi di fantascienza e orrore sia “Almost Human”, tradotto in italiano con “Quasi umano”, il titolo che mi ricordavo prima di andare a controllare – ed evitarmi una cantonata mostruosa! – era Junior.

Junior, il quasi umano, è il vero e proprio protagonista di questa vicenda, ambientata in Europa a ridosso della Seconda Guerra Mondiale e contenuta ne “Il meglio dei racconti dell’orrore” di Robert Bloch, Arnoldo Mondadori Editore, 1990.

Quasi umano”, perché, come avrai già intuito, quest’opera ha ad oggetto le vicende di un robot.

Devo essere sincero, questa storia mi ha fatto scendere un genuino brivido lungo la schiena quando ho finito di leggerla.

In verità soltanto dopo mi sono accorto che quel brivido mi strisciava lungo le spalle già da prima, forse per tutta la durata del racconto: nel finale si è solo sfogato.

Il contrasto, lo dico fin d’ora, è l’espediente utilizzato da Bloch per suscitare i brividi al nostro alter ego nel racconto – che sarà Lola, la fidanzata di Duke – e a noi. Contrasto, sì, perché questa, fondamentalmente, è una storia che nel suo sviluppo e nella sua tecnica narrativa, si fonda sul contrasto tra quello che è e quello che dovrebbe essere. E l’effetto finale è disturbante.

Leggere “Quasi umano” ti disturba, davvero.

La trama, in breve

Un uomo bussa alla porta del Professor Blasserman. È un malvivente, un certo Duke, che ha sentito parlare delle ricerche dello scienziato ed è deciso a servirsi del suo capolavoro: Junior, un robot massiccio con il cervello ancora di un bambino, perché il professore ha in programma di educarlo e farlo diventare un uomo probo in un corpo immortale.

Dell’educazione di Junior si incarica invece Duke, iniziando il colosso di metallo al crimine per poter avere un complice obbediente e praticamente invulnerabile.

Dopo che la creatura uccide il suo creatore – prova che gli insegnamenti di Duke sono stati recepiti eccezionalmente – iniziano le rapine e le scorribande: Lola, la fidanzata del malvivente, assiste incredula e timorosa alle malefatte di quest’ultimo, la mente, e di Junior, il braccio.

Tra rapine e omicidi, Duke ha in programma di sbarazzarsi di Junior per poi fuggire con Lola e il bottino ma la macchina impara talmente in fretta da iniziare ad essere senziente.

Ed emotiva.

Oltre a "Psycho", Bloch ci ha deliziato con altre opere davvero interessanti: "Il teschio del Marchese De Sade" ne è un esempio.

I temi

1. La rivolta

Ti dice nulla Frankenstein? Questa è un’opera che tratta parte degli stessi temi fondamentali.

In primis, solo per mia comodità, troviamo quello della rivolta. Prima Junior si rivolta – traviato da Duke, che gli promette di fargli vedere il mondo – contro il suo creatore, che egli stesso chiama “papà”, e lo uccide.

Alla fine della storia, testimoniando una rapida ascesa a gradini di evoluzione e consapevolezza più alti, il robot decide autonomamente di ribellarsi al complice-padrone in nome dell’amore verso Lola.

2. La coscienza dell'inanimato

Qui mi collego al secondo tema, più importante, cioè all’acquisto della coscienza di qualcosa che nasce come inanimato, esattamente come i pezzi di cadaveri utilizzati per il mostro di Frankenstein. Il disturbante che io, personalissimamente, provo leggendo storie del genere è proprio questo: cosa differenzia noi umani da qualcosa che non nasce come umano ma che si comporta esattamente come noi?

E quindi: cosa siamo noi, quale è la nostra essenza?

È questa la domanda che ci pongono i Replicanti, il mostro di Frankenstein e, adesso, Junior.

Junior acquisisce una sua coscienza quando si innamora di Lola. Noi lettori non sappiamo se questa consapevolezza esistenziale sia piena come quella della creatura di Frankenstein perché Bloch, proprio all’apice della vicenda, lascia tutto in sospeso dopo averci dato solo qualche spunto e averci suggerito che, alla fine, la sua voce rauca sembrava quasi umana”.

Junior non uccide Duke perché si è reso conto del suo stato di asservimento, né per vendicarsi di essere stato traviato a compiere delle azioni di per sé malvagie. Il motivo è, perdonami il termine, più venale. Vuole avere Lola tutta per sé e ce lo suggerisce, parlandole: “credi che qualcuno si innamorerà mai di me?”, asserendo anche di essere ben conscio di sé:

“Sono un robot. Pensi che questo faccia differenza?”

Non credo che Junior capisca davvero l’amore; infatti si basa sulle parole di Lola che, esasperata, asserisce che per le donne non sia “poi così importante” amare un robot o un umano: conta solo che il proprio “amante” sia “il più forte e il più intelligente”. La ribellione al padrone-amico, che testimonia quanto ormai Junior sia irrecuperabile, è solo questa: una dimostrazione di intelligenza e forza per reagire allo stimolo esterno e quindi, logicamente, conquistare la fanciulla.

3. L'esistenzialismo di "Quasi umano"

Junior non sembra avere una piena consapevolezza esistenziale. Basta guardare Al mostro di Frankenstein. In quanto macchina, Junior non potrebbe unirsi a un essere umano – si basa solo sulle parole di Lola che, terrorizzata, voleva solo liquidarlo velocemente – ma non lo comprende appieno, cosa che invece creatura del romanzo di Mary Shelley capisce eccome. Aveva chiesto, infatti, al suo creatore di animare una compagna a lui similare che potesse tenergli compagnia in un mondo dove lui si sentiva solo. Lì siamo indubbiamente ad un livello più profondo.

Quasi umano” è un lavoro sulla contraddizione esistenziale: Junior vuole fare tutte le esperienze che ha letto dai libri – vedere il mondo, andare sulle montagne russe – ma è davvero conscio che non potrà mai farlo? Ancora una volta è Lola che presenta l’interrogativo al lettore:

Povero Junior. Un aiutante di ferro con un cervello da uomo.”

Quando mai potrà viaggiare libero tra gli uomini?

Un'illustrazione per "Quasi Umano"; questa l'ho presa da LaptrinhX/ News.

"Quasi umano": parole e paura

Ho già accennato alla tecnica del contrasto e mi propongo di approfondirla.

Pensiamo a una delle prime scene del racconto: Duke si fa condurre dal professore nei sotterranei dove questi ha nascosto Junior, la sua invenzione.

Ebbene, in una stanza dei bambini, arredata come tale – “mura tappezzate di carta celeste” con animaletti disegnati sopra, “mucchi di giocattoli”, “libri di poesie infantili” – c’è la prima incredibile contraddizione.

Parliamo di un “mostro metallico”, che piccolo non è, che gioca con i cubetti con sopra le lettere, il gioco di qualunque bambino.

[…] il bandito alto e sottile che giocava con cubetti per far piacere a quella mostruosità di metallo, alta un metro e ottanta, che era Junior, il robot.”

Il nome stesso del robot è un contrasto con il suo essere fisico. Junior come nome rimanda senza dubbio a un bambino, ma è associato a una cosa di metallo alta e possente, inespressiva; anzi, grottesca. Così infatti viene descritto il suo viso:

[…] grottesca testa di metallo, palla rotonda con lenti di cristallo nelle occhiaie e la bocca larga come l’apertura di un megafono.”

Un mostro di metallo, dall’apparenza spaventosa, che parla e si comporta come un bambino. Chiama “papà” il professore e gioca con i balocchi di ogni bimbo.

Ma non dimostra emozioni. La sua voce rimane invariata da quando è per terra a giocare sotto lo sguardo tenero degli animaletti Disney a quando inizia ad uccidere. Inutile dire che quella “voce ronzante pareva la ridicola parodia di una voce da soprano infantile.”

Lo vediamo bene quando il robot ripudia il professore in un impeto d’ira che però non è tradito dalla voce metallica, la quale non lascia spazio ad emozione alcuna, nemmeno quando gli annuncia l’intenzione di ucciderlo, infatti:

“[…] non vi era espressione sul volto del robot, la voce non tremava”.

È Lola, il nostro alter ego nel racconto, che coglie tutti questi contrasti e queste contraddizioni e ce li presenta alla perfezione, riassumendoli, mentre si confida con Duke.

Ho paura di Junior, Duke. Non sopporto la sua faccia e il modo come parla, con quella sua maledetta voce meccanica, stridula, come se fosse una persona reale.”

Junior è una cosa di metallo che non dovrebbe essere umana, ma che si comporta come se lo fosse. Quando i due innamorati parlano, il robot non è ancora dedito al crimine ma la sua presenza è di per sé odiosa, insostenibile.

Quanto sono perturbanti i robot?

Junior, il “quasi umano”

Il personaggio di Junior è studiato ad arte. Non è un replicante, che è una perfetta imitazione dell’uomo e che quindi passerebbe inosservato, no. È una specie di mostruoso C3PO che nel mondo reale non dovrebbe esistere, a differenza dell’universo di Star Wars – del quale sono un dignitoso appassionato – dove ogni due per tre si incontra un droide.

Eccolo, tutto il grottesco di questo robot rudimentale. Bloch ce lo suggerisce scegliendo le parole giuste e le vicende giuste. È un robot che ha bisogno di manutenzione e olio costante, perché le sue giunture stridono. È un robot che sferraglia avanti e indietro e ti segue “come farebbe un cane”: annuncia la sua presenza invadente ma poi rimane “imperscrutabile” a fissarti con le sue “lenti scintillanti”. Strepita, addirittura, come un ferro vecchio.

– senti questa “S” e questa “R” come pungono le tue orecchie? –

Ma fa discorsi intelligenti. Capisce. Si comporta come un uomo pur avendo una voce stridula, impassibile e simile a quella di un bambino e, orrore supremo, nulla del suo aspetto esteriore può lasciar trasparire emozioni o la sua “eccitazione interiore”.

Dice a Lola: “mi piace sentirmi dare l’olio da te” ma sortisce l’emozione opposta a quella desiderata; Lola non è compiaciuta, anzi, è terrorizzata dal modo con cui il robot la guarda.

E alla fine le ripete ossessivamente “ti amo”, con quella sua voce rauca e inespressiva.

L'ultimo interrogativo

Come ultima nota d’orrore, questa volta non esplicita ma che trapela da tutti i cenni sulla coscienza impassibile e sulla calma capacità omicida del robot, è l’interrogativo finale.

Cosa succede dopo la storia? Non lo sappiamo, ma possiamo solo immaginarlo: è questo lo scopo dei cliffhanger come questo.

Stiamo parlando di un mostro consapevole di essere praticamente invulnerabile, con tendenze omicide e con un’intelligenza in continua crescita, che vuole vedere il mondo e godere dei suoi frutti e, no, questa volta non si accontenterà dei libri.

Spero che “Quasi Umano” ti abbia intrigato esattamente come ha intrigato me. Posso dirti che il prossimo articolo di Oggi leggiamo sarà su uno dei miei racconti preferiti in assoluto. 

Bibliografia: